Arezzo
Città d'arte toscana che puoi conoscere in ogni suo dettaglio con questo sito
Testi e foto di Alessandro Ferrini ©
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Arezzo, posizione geografica e origini
Arezzo è città d’arte dalla storia antichissima posta nella parte orientale della Toscana, l’antica Etruria, poi Tuscia.
Conserva ancora gran parte delle mura medievali, e poi medicee, che la cingevano con integrate in queste le grandi porte d’accesso.
Arezzo, che oggi conta circa centomila abitanti, è posta su un colle a 290 metri sul livello del mare. All’apice di questo si trovano il Palazzo Comunale, l’antica Fortezza Medicea, la Cattedrale. Quest’ultima, per la posizione rialzata dove è collocata, per il suo stile gotico proiettato verso il cielo e per il suo altissimo campanile, è ben visibile dalle verdi campagne che circondano la città, altresì colpisce l’attenzione di chi arriva ad Arezzo da tre delle quattro vallate che costituiscono il territorio della provincia aretina: il Casentino, il Valdarno, la Val di Chiana. La prima di queste valli, di dantesca memoria, è nota per i suoi castelli e pievi medievali, paesi come Bibbiena, Poppi, Pratovecchio, per luoghi spirituali come La Verna e Camaldoli immersi nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. In Valdarno troviamo interessanti centri come Montevarchi, San Giovanni, Terranuova Bracciolini, Loro Ciuffenna. Inoltre questa valle è nota per le caratteristiche Balze, gigantesche “sculture” d’argilla già oggetto di studio di Leonardo. La Valdichiana è ricordata per paesi di origine molto antica. In primis l’etrusca Cortona, ma interessanti sono anche Castiglion Fiorentino, Foiano, Monte San Savino e Lucignano.
Queste tre valli confluiscono e s’incontrano a qualche chilometro da Arezzo, a Ponte Buriano, stupendo esempio di architettura romanica sull’Arno. Un’opera che colpì anche l’attenzione di Leonardo da Vinci, sembra infatti che questo sia il ponte che in grande pittore e scienziato rinascimentale raffigura sullo sfondo delle sua celebre Gioconda.
La quarta valle facente parte del territorio della Provincia di Arezzo è la Valtiberina. Questa terra, costituita dall’alta valle del Tevere, rimane più distante dalla città. I suoi centri più noti sono Anghiari, Monterchi, Caprese Michelangelo, Sansepolcro, Pieve Santo Stefano, Città di Castello, Citerna, questi ultimi due in territorio umbro.
Il clima di Arezzo e dintorni lo si può definire “tipico della Toscana collinare”. Certe colture presenti, come la vite, l’olivo, i cereali, i frutteti della Val di Chiana, lo “certificano. Trovandosi Arezzo praticamente al centro dello “stivale italiano”, non risente di un clima marittimo.
Comunemente si dice che la storia di Arezzo inizi con gli etruschi. Questo è certamente e inequivocabilmente vero visto i numerosissimi ritrovamenti di vario genere inerenti a questa antica civiltà italica rinvenuti nella zona, primo tra tutti una grande necropoli databile VI secolo a.C. Ma insediamenti nella zona di Arezzo esistevano ben prima degli etruschi, prova ne sono i ritrovamenti archeologici di età prestorica di cui il più noto e straordinario è “l’Uomo dell’Olmo”.
Il periodo etrusco
Ritornando agli etruschi, l’insediamento era sito dove adesso si trova la parte più vecchia della città ed è databile VII – VI secolo a.C. – Agli etruschi è da attribuire l’origine del nome dalla città: Aritim (che i romani trasformeranno poi in Arretium). Simbolo della Arezzo etrusca, ma anche oggi un inequivocabile simbolo della città, è un opera d’arte in bronzo rinvenuta secoli fa: la Chimera, mostro della mitologia greca con corpo e testa di leone, un serpente al posto della coda e una testa di capra sulla schiena. Questo straordinario ritrovamento avvenne nel 1553, in pieno periodo Granducale toscano, durante dei lavori di consolidamento delle mura perimetrali difensive di Arezzo voluti dallo stesso Granducato di Toscana. Per questo motivo, e per l’appartenenza della città al Ganducato, la scultura bronzea fu subito portata a Firenze per volere di Cosimo I dei Medici. Qui è dall’ora rimasta ed oggi è conservata nel Museo Archeologico del capoluogo toscano. Per gli aretini, e i visitatori di Arezzo, una sua identica copia è esposta nei giardini di fronte alla stazione ferroviaria. Altra copia, più piccola, si trova dentro la Porta di San Lorentino. Questo perché fu proprio qui che venne ritrovata. La Chimera è certamente opera di periodo etrusco, qualcuno ha però avanzato dei dubbi che non sia di fattura etrusca, ma greca su commissione etrusca. Questo per due motivi: per ciò che la Chimera rappresenta, perché la civiltà greca era molto più avanti nella realizzazione di opere così armoniose e raffinate.
Già nel periodo etrusco erano attive, nelle vicinanze di Arezzo, piccole miniere di ferro e minerali vari. Ciò, unito alle produzioni agricole e artigianali, nonché alle capacità commerciali delle persone, fece si che l’insediamento etrusco fosse tra i più ricchi esistenti. Per questa sua ricchezza Aritim fu una delle dodici “lucomonie” etrusche, cioè sede di una magistratura con potere regale.
Il periodo romano
Arezzo ebbe un ruolo importante anche nella storia di Roma e del suo impero. Motivo principale di ciò fu che le terre aretine si trovavano lungo un’ importante direttrice che da Roma conduceva verso nord: la Via Cassia.
Arezzo fu conquistata dai romani agli etruschi nel III secolo a.C. Se all’inizio Arezzo rappresentò un ponte, un punto tappa, degli spostamenti dei romani verso nord, successivamente la città toscana divenne un importante presidio romano sul territorio.
Arezzo assistette al passaggio del grande e potente esercito cartaginese, condotto da Annibale, che percorreva l’Italia da nord verso sud nel corso della seconda guerra punica. Sembra che Annibale, dalle alture del Pratomagno, avesse spiato e studiato movimenti delle truppe romane che si trovavano nella piana di Arezzo, per andare poi a sconfiggerle pesantemente, con un capolavoro di strategia bellica, nella famosa battaglia del Trasimeno nel 217 a.C.
Come già detto, fin dal periodo etrusco era presente ad Arezzo un artigianato specializzato nella lavorazione di quel ferro che veniva estratto da piccole miniere site nei colli circostanti. Nel periodo romano parte di questo artigianato si convertì in officine per la fabbricazione di armi, così “Arretium” divenne importante fornitore d’armi dell’Impero Romano, questo fu sinonimo di ricchezza.
Altra fonte di ricchezza per Arezzo in periodo romano fu la ceramica. I vasi ed altri oggetti realizzati in questo materiale divennero noti e si diffusero in molti luoghi dell’Impero Romano. Questa arte-artigianato della ceramica era sicuramente iniziata ad Arezzo in periodo etrusco (i vasi etruschi finemente decorati sono ben noti). Con il periodo romano questo mestiere si raffina, ma più che altro aumenta la produttività perché le ceramiche di Arretium diventano note e quindi richieste. Comincia ciò che modernamente definiamo “export”.
Quando Arezzo si trasformò in importante presidio di Roma, molti romani divennero stanziali in questo luogo, da qui l’esigenza di realizzarvi opere per le loro esigenze. Tra queste un grande anfiteatro (II secolo d.C.) i cui resti, ancora ben eretti, sono giunti fino ai giorni nostri. Quest’opera è la testimonianza più evidente della presenza romana ad Arezzo.
Il periodo post romano e feudale
Il periodo di decadenza dell’Impero Romano e i secoli delle invasioni barbariche furono per Arezzo anni relativamente decadenti rispetto ad altri luoghi. Questo perché, come già detto, la città si trovava lungo una viabilità di particolare importanza e perché era zona ricca, monetariamente ed anche di capacità artigianale ed imprenditoriale.
Arezzo e una vasta zona circostante si trovarono per molti decenni sulla linea di confine tra i territori sotto dominio bizantino, a sud, e quelli occupati dalle popolazioni nordiche dei Goti e dei Longobardi. Questo è testimoniato dalla presenza, nelle stesse zone, di chiese dedicate a San Michele Arcangelo, protettore dei longobardi, ed altre dedicate a Sant’Apollinare, protettore dei bizantini. Furono i longobardi, una volta conquistata Arezzo, ad iniziarne l’opera di fortificazione e a porre le basi dell’Arezzo medievale che oggi in buona parte si presenta a noi. In periodo medievale furono realizzate varie cinta murarie della città, quelle che si riteneva fosse la definitiva fu terminata nel terzo decennio del ‘300. Invece, a metà ‘500, Cosimo I dei Medici avrebbe apportato profonde modifiche e rafforzamenti alla struttura difensiva aretina.
Gli anni del feudalesimo furono ad Arezzo, così come in altri importanti luoghi, periodo di continuo confitto tra il potere feudale (ad Arezzo assegnato al vescovo) e la popolazione. I vari vescovi succedutisi esercitarono un potere molto totalitario. Ne va riconosciuto comunque il merito di esser riusciti a ridar ordine, moralità e nuovi stimoli ad un territorio uscito abbastanza “imbarbarito” dai secoli precedenti. In accordo con l’imperatore diedero il via alla fondazione di varie abazie nel territorio aretino, ciò per poterlo meglio controllare da un punto di vista religioso, politico, economico, culturale. Le prime, e di grande importanza, furono la Badia di Santa Trinita in Alpe nel Comune di Talla e la Badia di Campoleone a Castelluccio di Capolona.
Dall’età comunale alla sottomissione a Firenze
La seconda metà dell’ XI secolo è periodo di profondo mutamento nella storia economica, sociale e politica di Arezzo. Al potere feudale del vescovo si sovrappone il potere dei cittadini: siamo alla nascita del Comune, il cui potere diverrà più forte ed effettivo nel corso del XII secolo. Uscita dal feudalesimo ed avvento del Comune significò per Arezzo, ma anche per qualunque altra città, nuova vitalità, nuovo spirito creativo ed imprenditoriale.
Al XIII secolo aretino ho dato una mia personale definizione: l’inizio della “storia presente” di Arezzo. In pratica inizia quella storia che oggi possiamo leggere dettagliatamente non solo nei documenti scritti, ma anche nei “documenti architettonici”, nei “documenti pittorici” o d’arte di altro genere. Comincia a modellarsi quell’Arezzo che oggi, proprio per quelle sue forme architettoniche e artistiche, è divenuta città d’arte toscana nota nel mondo.
Fin da epoca comunale vi erano stati continui conflitti politici territoriali tra Arezzo e Firenze. Tali lotte raggiunsero il suo apice con la famosa ed epica Battaglia di Campaldino dell’11 giugno 1289, quando i ghibellini aretini furono pesantemente sconfitti dai guelfi fiorentini (a fianco di quest’ultimi combatte anche Dante Alighieri. Un plastico che mostra dettagliatamente tale battaglia è esposto nel Castello di Poppi). Tale evento decretò la sottomissione di Arezzo alla Repubblica Fiorentina. Autonoma, ma sottomessa, una strana situazione politica per Arezzo che con l’elezione a Vescovo, nel 1312, di una grande personalità come Guido Tarlati (il fratello Piero fu Signore di Bibbiena in Casentino), subì una sorta di rinascita, di nuova prosperità. Con il Vescovo Tarlati vi furono conquiste territoriali e fu iniziata l’ultima cinta muraria di epoca medievale che si sarebbe conclusa nel 1337.
Con la morte di Guido Tarlati, Arezzo si riavviò verso una fase di declino che culminò nel 1384 con la vera e propria vendita della città alla Repubblica Fiorentina.
Il periodo fiorentino
Per Arezzo, così come per altri luoghi, essere sottomessi e “proprietà” di Firenze, significò perdita di autonomia politica, economica, culturale. Arezzo, pur non subendo un dominio forte di Firenze, si trovò in una sorta d’isolamento che si protrasse fino ad epoca rinascimentale. A metà Cinquecento tale “isolamento” fu drasticamente interrotto quando la Firenze granducale decise di “entrare” in modo deciso nella vita sociale, culturale e politica aretina, nonché nelle sue strutture architettoniche urbane.
Fu Cosimo I De’ Medici che, dopo aver sedato le sempre più frequenti rivolte aretine contro il dominio fiorentino, volle dare una propria impronta stilistica, più rinascimentale, alla città. Esempio evidente di ciò furono le Logge Vasari in Piazza Grande. Furono abbattuti e ricostruiti edifici civili e religiosi. Fu rimodellato buona parte del centro storico. Per scopi difensivi la Fortezza (che da quel momento fu chiamata Medicea) venne ampliata e resa più invulnerabile. Anche per quanto riguarda la pittura, se per quasi tutto il Quattrocento erano stato prevalentemente artisti locale a lavorare per le chiese d’Arezzo, da metà XVI secolo troviamo sempre più frequente la presenza di artisti fiorentini.
Le mura perimetrali della città che fino al periodo del Vescovo Tarlati si erano allargate, subirono con Cosimo I una riduzione del perimetro e al contempo un irrobustimento. Questo per rendere questa struttura difensiva meglio controllabile e meno attaccabile.
Se la seconda metà del Cinquecento fu per Arezzo un periodo di grande fermento, altrettanto non si può dire del Seicento quando la città, che venne un po’ “dimenticata” da Firenze, si avviò verso un impoverimento economico e un conseguente calo demografico. Questa tendenza s’invertì dopo molti anni, nel 1765 con il Granduca Pietro Leopoldo I di Lorena che intraprese per Arezzo e territorio circostante importanti lavori. Fu con Pietro Leopoldo che si portò a termine la bonifica della Valdichiana. La valle divenne terra particolarmente fertile e produttiva, quindi di grande importanza per l’economia aretina.
I monumenti
Nonostante le profonde modifiche architettoniche di epoca rinascimentale che ben si integrano nell’intero conteso urbano, nonostante il gradevole mix di stili architettonici che compongono Piazza Vasari, quando si pensa al centro storico di Arezzo la nostra mente vola obbligatoriamente al medioevo. Troppa forte l’emozione osservando la Pieve di Santa Maria la cui costruzione iniziò nel XII secolo con lo scopo di realizzare una suntuosa residenza per il vescovo non più “capo supremo” della città. La sua facciata ed abside composte da oltre cento colonnine sono uniche, il suo interno con le alte colonne che dividono le tre navate ed dove è conservato un bellissimo polittico con Madonna e Santi realizzato da Pietro Lorenzetti nel 1320 c’introduce in un’atmosfera irreale. Non è possibile dimenticare neppure l’interno semplice ed austero della basilica di San Domenico con i molti affreschi sulle pareti e, in alto sopra l’altare, la bellissima e famosa croce dipinta di Cimabue. Migliaia di turisti arrivano ad Arezzo per visitare la Basilica di San Francesco di inizio ‘300, in stile gotico toscano. Al suo interno, a decoro della Cappella Bacci, è conservato il famoso ciclo di affreschi di Piero della Francesca illustranti la “Leggenda della Vera Croce”. All’apice del colle di Arezzo si trova la sua cattedrale. Di chiaro stile gotico, la sua costruzione iniziò a fine XIII secolo. Dare una datazione a questo edificio religioso è cosa complessa dal momento che tra rifacimenti e modifiche i lavori per il duomo si sono dichiarati conclusi solo ad inizio ‘900.
Per gli appassionati di medioevo, ad Arezzo si trova un importante Museo d’Arte Medievale e Moderna. Gli interessati di archeologia possono visitare il Museo Archeologico che è posto nel luogo idealmente più consono: accanto ai resti del grande Anfiteatro Romano.
Giostra del Saracino e Fiera Antiquaria
Arezzo è nota per la rinomata Giostra del Saracino: un momento folkloristico, ma al tempo stesso una sentita gara tra i quattro rioni storici della città, che, si dice, ma in modo relativamente errato, abbia origini medievali. Perché “relativamente errato”? Perché La Giostra del Saracino non prende spunto ne da un gioco medievale, ne da particolari eventi del medioevo aretino. Da cosa allora?
I cavalieri, non solo quelli aretini, erano un “corpo armato” che non potevano improvvisarsi in battaglia. Avevano bisogno di allenamento, esercitazione. I cavalieri aretini avevano inventato un’esercitazione che consisteva nell’andare a colpire con la lancia un preciso bersaglio che rappresentava l’ipotetico nemico. Tenendo presente che quando questo avveniva eravamo in pieno periodo di Crociate e che l’ambizione più alta di un cavaliere era quella di partecipare a questa infinita guerra contro gli infedeli, cosa di meglio di mettere come bersaglio un arabo? Un saraceno? Ossia il nemico più irriducibile del Cristianesimo?
Questa antica esercitazione è stata lo spunto per l’attuale Giostra aretina, con due varianti: è divenuta un gioco tra i rioni di Arezzo, molto sentito, ma sempre un gioco; il saraceno è divenuto “Saracino”. La manifestazione si tiene due volte all’anno: il penultimo sabato di giugno, in notturna, e il pomeriggio della prima domenica di settembre. La vera e propria sfida tra i cavalieri si tiene nella grande Piazza Vasari, ma le sfilate coinvolgono l’intero centro storico. I rioni aretini, detti “Quartieri”, che si sfidano portano il nome delle quattro porte di Arezzo da cui si accede ai relativi Quartieri: PORTA CRUCIFERA, PORTA SANTO SPITITO, PORTA SANT’ANDREA, PORTA DEL FORO. La Giostra del Saracino è accompagnata da esibizioni dei famosi Musici e Sbandieratori di Arezzo.
Ogni prima domenica del mese e il sabato precedente si tiene ad Arezzo la nota Fiera dell’Antiquariato, o Antiquaria. La manifestazione, che occupa l’intero centro storico della città, nacque nel 1968 da un idea del noto antiquario aretino Ivan Bruschi, la cui casa, posta davanti alla Pieve di Santa Maria, è divenuta da qualche anno museo. Qui è possibile rivivere la grande passione per il collezionismo di pregiati oggetti di antiquariato del suo proprietario che ci ha lasciato nel dicembre del 1996.
I monumenti, i musei, le manifestazioni sopra citate sono solo alcuni motivi per cui Arezzo merita una visita turistica. Scorrendo le immagini di questa sezione corredate di precise didascalie se ne possono trovare molti altri. Anche la campagna nei dintorni di Arezzo, oltre a luoghi per un rilassante relax, può riservare piacevoli sorprese per gli interessati ad un turismo culturale ed al contempo “verde”. Le immagini ve ne mostreranno qualcuna.