Un cammino di Francesco sull’Alpe di Catenaia
itinerario tra i Prati della Regina e l’Eremo della Casella seguendo il Santo d’Assisi
Testi e foto di Alessandro Ferrini ©
60 immagini con didascalia per conoscere il percorso che gira intorno al monte della Verna. Clicca per percorrere l’itinerario
Un itinerario nell’Alpe di Catenaia sulle orme di San Francesco
Tra le reliquie presenti al Santuario della Verna, la più importante ed emotivamente coinvolgente è senza dubbio un saio che la tradizione indica come la veste che San Francesco indossava al momento che ricevette le stimmate su questo “crudo sasso”, 17 settembre 1224. È esposto in una cappella della basilica. Con l’itinerario descritto in questa sezione web cammineremo in buona parte su quella strada percorsa dal Poverello di Assisi, con indosso questo saio, il 30 settembre del 1224, quando lasciò per l’ultima volta La Verna per far ritorno ad Assisi. Un percorso che si snoda sull’Alpe di Catenaia, con una lunghezza di circa diciassette chilometri e un dislivello altimetrico totale di 1150 metri. Per com’è articolato, osservando la mappa si può facilmente ridurre. Punto di partenza e arrivo della camminata odierna è Fonte del Baregno, una grande area attrezzata a 1180 metri di altitudine. Questa passeggiata, oltre a farci camminare tra le tradizioni legate a San Francesco, ci calerà anche nella storia tristemente vera della seconda guerra mondiale. Vedremo testimonianze della sanguinosa battaglia combattuta su questa montagna tra il 3 e il 10 agosto del 1944 dai soldati tedeschi in ritirata e quelli inglesi, indiani e nepalesi sull’altro fronte. Per arrivare alla Fonte del Baregno, dobbiamo prima raggiungere Subbiano, lungo la Strada Regionale 71, a dodici chilometri da Arezzo. Il paese merita una visita perché nel suo centro storico possiamo vedere quello che fu un castello medievale posto su una sorta di promontorio lungo l’Arno e alcuni eleganti palazzi costruiti tra il XIV e il XVII secolo. Poco prima di Subbiano, provenendo dal Casentino, voltiamo a sinistra per Falciano che troviamo dopo tre chilometri. Per secoli il paese è stato un luogo economicamente importante perché qui veniva prodotta tanta farina (quella di castagne in particolare). Vi sono ben quattro molini in poco spazio costruiti su livelli diversi così che le loro pesanti macini di pietra potessero sfruttare l’energia dalla stessa acqua. Tre chilometri e mezzo oltre Falciano, giungiamo a un bivio. A destra scendiamo a Ponte alla Piera, nel Comune di Anghiari. Un piccolo abitato noto per la presenza un ponte medievale a schiena d’asino che, secondo la tradizione, sarebbe di origine romana. Noi andiamo a sinistra e in circa sei chilometri giungiamo a Fonte del Baregno. L’area, attrezzata di fornelli, due fonti e tanti tavoli nell’ombrosa faggeta, è un luogo molto frequentato da chi, oltre che una passeggiata, vuol fare anche un pranzo, una merenda o una cena dentro un bosco d’incanto. Lasciata l’auto, iniziamo l’escursione andando a destra, sul CAI 013 che coincide con una strada forestale. In ottocento metri ci condurrà in una zona detta Cul di Paiolo, a 1250 metri, interessata da vari sentieri. Possiamo anche evitare i primi trecento metri sulla pista forestale passando all’interno dell’area attrezzata, poi dentro il bosco tramite una strada che incontriamo a sinistra. Risparmieremo un centinaio di metri, ma più che altro attraverseremo una faggeta con piante bellissime. A Cul di Paiolo, il CAI 013 incontra il CAI 50 che scende da sinistra. Sovrapponendosi, continuano insieme per una sessantina di metri. Poi, mentre il 50 prosegue dritto, lo 013 volta a sinistra dirigendosi alla Casa del Vaccaio che è una nostra meta, ma noi utilizzeremo un altro percorso. All’incrocio lasciamo il CAI 013 voltando sul CAI 50 che si presenta come una pista forestale. Dopo cinque minuti di leggera salita, in corrispondenza di un grosso faggio alla nostra sinistra, la strada entra in una sorta di canale e inizia a salire in modo più consistente. Dopo settanta metri, appena terminata una leggera curva a destra e dove il percorso torna pianeggiante, se entriamo venti metri dentro la faggeta, a destra, troviamo una buca a forma di cratere profonda un paio di metri. È l’effetto di una bomba sparata da Ponte alla Piera dalla 44° divisione dell’artiglieria austriaca, in forza alle truppe tedesche. Rientrati sulla strada, continuiamo a salire e dopo cinque minuti giungiamo ad una sbarra. Da qui al crinale della montagna, dove il CAI 50 volta a sinistra verso Monte Castello, mancano cinquecento metri. Noi, dopo cento metri voltiamo a destra in un percorso che si addentra in un magnifico bosco. Dopo circa un chilometro di saliscendi non impegnativo, giungiamo alla Casa del Vaccaio, contornata da maestosi faggi, in un pianoro in prossimità del crinale dell’Alpe di Catenaia. Questo edificio, oggi un rifugio per gli amanti del trekking, è la riedificazione, fatta attorno al 1980 dal Comune di Subbiano, di una modesta costruzione che era stata realizzata da Patrizio Landucci, un giovane che in questa montagna, dal 1946 si dedicò all’allevamento delle vacche (teniamo presente che molti terreni sulla cima di Catenaia, oggi occupati da boschi, a quel tempo erano pascoli). Pochi metri dopo la Casa del Vaccaio ritroviamo il CAI 013 che avevamo lasciato a Cul di Paiolo. Qui arriva da destra e prosegue verso il crinale della montagna che raggiunge in duecento metri e dove incrocia il CAI 014 che scorre sui Prati della Regina, una bellissima e lunga radura erbosa presente sull’apice di questo massiccio che divide il basso Casentino dall’alta Valtiberina. Il nostro itinerario volta a sinistra, ma prima scendiamo per duecento metri fino alla fine del prato, dove il bosco arriva accanto al percorso. Siamo in una zona molto umida della montagna, lo capiamo da quanto i faggi sono rigogliosi. Fatti ancora qualche decina di metri, a poca distanza dal percorso, a sinistra, c’è uno stagno detto Pozza delle Strosce. A questo punto invertiamo marcia e iniziamo a salire sullo splendido prato che tra i primi giorni di maggio e la fine di giugno si colora di tante varietà di fiori. In dieci minuti giungiamo sulla rotondeggiante vetta di Monte Altuccia, 1407 metri, inconfondibile per la presenza di tre tralicci per telecomunicazioni. Fino a non molti anni fa la cima offriva un panorama a 360 gradi, oggi le piante lungo il percorso si sono alzate tanto, questo limita molto la vista. Verso est, tra i faggi riusciamo a vedere gli altopiani dei Sassi Simone e Simoncello. Da Monte Altuccia iniziamo una discesa non ripida e pressoché costante. Pochi minuti e passiamo accanto a una “lingua di bosco” che alla nostra sinistra giunge fino al percorso. Tra questi alberi arriva il CAI 50 che avevamo lasciato quattrocento metri più in basso per dirigersi alla Casa del Vaccaio. Qui finisce il CAI 014, continuiamo sul CAI 50 che, giunto sul crinale, volta a sinistra. Ancora qualche minuto e arriviamo in un lieve insellamento: è lo spazio erboso più grande del Prati della Regina. Questa radura scende verso sud-ovest e offre un ampio panorama sul basso Casentino dove vediamo i paesi di Subbiano e Capolona, sulla Città di Arezzo e sulla parte iniziale del Valdarno Superiore. Qualche minuto di leggera salita sul CAI 50 e giungiamo sulla cima più alta dell’Alpe di Catenaia: Monte Castello, 1414 metri. Qui si trova un monumento ai partigiani caduti in questa zona nel 1944 durante gli scontri con i nazi-fascisti. Dopo qualche metro il CAI 50 inizia a scendere in modo abbastanza ripido addentrandosi in una fitta faggeta. Cento metri sul sentiero e, dove finiscono i pali di cemento di un ex recinto, a sinistra, tre metri dal percorso, c’è un altro profondo cratere. Come il precedente, anche questo fu generato da una bomba austriaca. Continuando a scendere il bosco diventa più arioso, anche per un recente taglio, e ci consente un bel panorama verso nord-ovest dove vediamo l’alto Casentino con la dorsale appenninica all’orizzonte. Siccome ci stiamo abbassando di quota, più a destra, il Monte della Verna inizia a intagliarsi contro il cielo. Nella parte bassa di questo distinguiamo il paese di Chiusi. Dopo circa mezzo chilometro da Monte Castello, iniziamo a camminare inavvertitamente sul CAI 085. Infatti, il CAI 50 curva a sinistra, ma l’incrocio, al momento in cui scriviamo, è chiuso dalla vegetazione, quindi non si vede. Noi proseguiamo sul nuovo sentiero che in altri cinquecento metri va a incrociare il CAI 012. Si tratta di una strada forestale che imbocchiamo a sinistra. Dopo un chilometro quasi pianeggiante dentro il bosco, il CAI 012 termina e rientriamo sul CAI 50 che scende da sinistra. Cinquecento metri, e giungiamo a un altro incrocio. La strada che dobbiamo seguire è quella che prosegue salendo. A sinistra, invece, inizia il CAI 03 che in circa quindici minuti conduce alla Fonte del Baregno. Sull’incrocio, a destra, c’è la traccia di un sentiero che entra nel bosco. In una decina metri ci porta davanti a delle buche nel terreno, erano due trincee tedesche. Continuiamo sul CAI 50 che è divenuto una strada forestale ancora più ampia. Dopo trecento metri giungiamo al prato del Sasso della Regina, 1248 metri. Il luogo ha preso questo nome perché a poca distanza dal percorso, verso sud, si trova un profondo dirupo la cui parete è sostenuta da spettacolari scogli. Siamo nel punto più panoramico dell’Alpe di Catenaia, non a caso vi sono state messe due panchine rivolte in direzione opposta. In alto scorgiamo i tralicci di Monte Altuccia. A sud-ovest vediamo il basso Casentino, Arezzo e il Massiccio del Pratomagno. A nord c’è il Monte della Verna, ma lo intravediamo soltanto perché quasi completamente coperto dal colle dell’Eremo della Casella dove ci stiamo dirigendo. Più a destra, l’orizzonte è segnato da tanti altri monti tra cui ancora gli inconfondibili altopiani dei Sassi Simone e Simoncello. Dopo aver goduto dell’ampio panorama di Sasso della Regina, ripartiamo alla volta dell’Eremo della Casella. Ci aspetta una camminata di quattro chilometri e mezzo, tutti sul CAI 50. La strada è ampia e in buona parte ombreggiata. Scorre in un piacevole saliscendi dentro un bosco misto con prevalenza di faggio. Dopo 2,8 chilometri troviamo, a sinistra, una strada. È il CAI 028 che conduce a Chitignano (6,3 chilometri). Dal Sasso della Regina siamo scesi di un centinaio di metri. Continuiamo sul CAI 50 che attraversa una bellissima faggeta e dopo settecento metri arriva ad un incrocio con una strada carrabile bianca che, a destra (GEA 20A), scende a Caprese Michelangelo. Noi continuiamo a salire su CAI 50 che da qui diviene anche un percorso GEA. In un chilometro, con dei tratti abbastanza in salita, arriviamo all’Eremo della Casella, 1265 metri. L’edificio, posto nella parte sud del grande prato, è composto dalla chiesa e dall’ex romitorio, oggi un rifugio con molte stanze. Entrambi questi ambienti sono sempre aperti, nel segno dell’accoglienza, uno dei capisaldi della filosofia francescana. La data di costruzione dell’eremo non si conosce, è comunque da ricondurre alla seconda metà del XV secolo, ma le sue origini, certamente in forme molto umili, potrebbero essere ben più antiche, forse risalenti agli anni subito successivi all’ultimo passaggio di San Francesco. Infatti, Fra Francesco, in quel suo ultimo passaggio in questo luogo il 30 settembre 1224, avrebbe manifestato il desiderio che su quell’altura da cui tanto bene si poteva contemplare La Verna (Monte di Dio, come lo chiamava) fosse costruita un’umile abitazione destinata a ospitare un eremita. Un riscontro alla realizzazione di questo desiderio lo troviamo in un documento datato 30 settembre 1228 (esattamente quattro anni dopo il passaggio di San Francesco) dove per la prima volta si fa menzione dell’Eremo della Casella. Certo è che dopo la canonizzazione del frate di Assisi, 16 luglio 1228, la Casella divenne un luogo di pellegrinaggio.Da questo bellissimo prato possiamo godere solo parzialmente di quell’ampio panorama che avrà osservato San Francesco. La vegetazione di alto fusto cresciuta intorno al prato limita molto la vista. Comunque, tra le chiome dei faggi, è possibile vedere la parte più alta del Monte della Verna, il Fumaiolo, i Sassi Simone e Simoncello e, in basso, la Valtiberina, inconfondibile per l’invaso di Montedoglio sul corso del Tevere, il più grande lago della Toscana. Dopo essersi riposati e rilassati in questo luogo quasi mistico, possiamo riprendere la strada del ritorno, sullo stesso percorso fino a trecento metri dopo il prato di Sasso della Regina. Qui lasciamo il CAI 50 per imboccare a destra il CAI 03 che scendendo, in pochi minuti ci riporta alla Fonte del Baregno. Nelle pagine in sequenza di questa sezione web saranno illustrati altri aspetti di questo cammino sull’Alpe di Catenaia, a cominciare dalla storia della veste di San Francesco oggi esposta alla Verna, l’ultimo passaggio del frate di Assisi dalla Casella, le drammatiche vicende della seconda guerra mondiale su questa montagna, la dura e romantica storia di Patrizio Landucci.