Un cammino di Francesco sull’Alpe di Catenaia
itinerario tra i Prati della Regina e l’Eremo della Casella seguendo il Santo d’Assisi
Italiano
UN BIVACCO DALLA STORIA ROMANTICA
Dopo un saliscendi non impegnativo di circa un chilometro siamo giunti alla “Casa del Vaccaio”, contornata da maestosi faggi, in un pianoro in prossimità del crinale dell’Alpe di Catenaia. Questo edificio, oggi un rifugio per gli amanti del trekking, è la riedificazione, fatta attorno al 1980 dal Comune di Subbiano, di una ben più modesta costruzione che era stata realizzata da Patrizio Landucci, il Vaccaio. Questi – ci racconta ancora Rudi Lapini - nel corso della seconda guerra mondiale aveva combattuto in Francia, Albania e Grecia. Fatto prigioniero dai tedeschi, fu deportato nel campo di concentramento di Fullen, al confine tra Germania e Olanda. Uscito fortunatamente vivo da questa terribile esperienza, tornò nel suo paese di origine, Falciano. Era un Catenailo (così si chiamano gli abitanti di Catenaia), quindi, per amor di questa montagna e alla ricerca di tranquillità, la scelse come luogo di lavoro. Iniziò nel 1946 l’attività di mandriano costruendosi come residenza una capanna in prossimità di Monte Altuccia sulla cima dell’alpe (teniamo presente che molti terreni sulla cima di Catenaia, oggi occupati da boschi, a quel tempo erano pascoli). In seguito trasformò la capanna in un piccolo edificio corrispondente a quella che è oggi la stanza posteriore del rifugio. Quassù, presso una vicina fonte dove si riforniva d’acqua, conobbe la futura moglie, una ragazza di Caprese Michelangelo. Lei, su questa montagna, si era dedicata alla pastorizia. After a non-binding ups and downs of about one kilometer we reached the "Casa del Vaccaio", surrounded by majestic beech trees, on a plateau near the ridge of Alpe di Catenaia. This building, now a mountain hut for trekkers, is the rebuilding, done around 1980 by the Subbiano municipality, of a much more modest construction that had been built by Patrizio Landucci, the Cowherd. According to Rudi Lapini, he had fought in France, Albania and Greece during the Second World War. Taken prisoner by the Germans, he was deported to the Fullen concentration camp on the German-Holland border. Having fortunately come out of this terrible experience alive, he returned to his home town, Falciano. He was a Catenailo (as the inhabitants of Catenaia call themselves), so, for love of this mountain and in search of tranquillity, he chose it as his place of work. He began his work as a herdsman in 1946, building a hut near Mount Altuccia on the top of the alp as his residence (bear in mind that much of the land on the top of Catenaia, now covered by woods, was pastureland at that time). He later converted the hut into a small building corresponding to what is now the back room of the hut. Up here, at a nearby spring where he supplied himself with water, he met his future wife, a girl from Caprese Michelangelo. She, on this mountain, had dedicated herself to sheep farming.