Abbazia San Fedele
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Italiano
"Natività" - VINCENZO BONILLI. A cura di Eleonora Ducci
Vincenzo Bonilli:
"Natività"
Nella Badia di San Fedele, partendo dal fondo e percorrendo la pareta di sinistra incontriamo una "Natività", olio su tavola.
L'opera è stata realizzata da Vincenzo Bonilli detto Morgante o "Poppi". Figlio di Francesco Bonilli, anch'egli pittore, Vincenzo fu allievo prima di Andrea del Sarto, poi di Giorgio Vasari e nel 1551, alcuni documenti, lo vogliono console dell'accademia di San Luca. L'opera in San Fedele di Vincenzo Bonilli è una chiara replica della tavola, col medesimo soggetto, della Chiesa del Monastero di Camaldoli dipinta da Giorgio Vasari. Qui, come nell'opera vasariana, la notte è illuminata dal Cristo neonato, ma sia la resa del notturno che quella delle fonti di luce, ed anche la resa plastica dei volti e dei corpi sono di qualità ben inferiore a quella dell'originale. L'effetto finale è quello di una luce crepuscolare. In primo piano Vincenzo Bonilli, come il Vasari, mette un cartiglio, qui ben dispiegato e non arrotolato ad un bastone come nel quadro originale, dove scrive la data di realizzazione del dipinto: 1556
"Natività"
Nella Badia di San Fedele, partendo dal fondo e percorrendo la pareta di sinistra incontriamo una "Natività", olio su tavola.
L'opera è stata realizzata da Vincenzo Bonilli detto Morgante o "Poppi". Figlio di Francesco Bonilli, anch'egli pittore, Vincenzo fu allievo prima di Andrea del Sarto, poi di Giorgio Vasari e nel 1551, alcuni documenti, lo vogliono console dell'accademia di San Luca. L'opera in San Fedele di Vincenzo Bonilli è una chiara replica della tavola, col medesimo soggetto, della Chiesa del Monastero di Camaldoli dipinta da Giorgio Vasari. Qui, come nell'opera vasariana, la notte è illuminata dal Cristo neonato, ma sia la resa del notturno che quella delle fonti di luce, ed anche la resa plastica dei volti e dei corpi sono di qualità ben inferiore a quella dell'originale. L'effetto finale è quello di una luce crepuscolare. In primo piano Vincenzo Bonilli, come il Vasari, mette un cartiglio, qui ben dispiegato e non arrotolato ad un bastone come nel quadro originale, dove scrive la data di realizzazione del dipinto: 1556