Abbazia San Fedele
in Casentino, una bella valle Toscana che puoi conoscere in ogni suo dettaglio con questo sito
Italiano
TAVOLE DI DOMENICO CRESTI. A cura di Eleonora Ducci
Domenico Cresti:
"Santa Caterina delle Ruote e San Giovanni Evangelista"
Le due tavole, che si trovano nel coro ai lati dell'organo di Badia San Fedele a Poppi, sono opera di Domenico Cresti da Passignano (Tavarnelle Val di Pesa 1559 - Firenze 1638) che, ci dice il Beni, "molto lavorò per i vallombrosani". Esponente del tardo manierismo fu allievo del Naldini e del Macchietti, coi quali apprese la tecnica disegnativa tipicamente toscana. Dal 1575 lavorò con lo Zuccari nell'impresa fiorentina di Santa Maria del Fiore, seguendolo poi anche a Roma e Venezia, dove si arricchisce, nel continuo tentativo di "adattare il colore veneto al disegno della maniera toscana" (F. Zeri, "Pittura e Controriforma", Torino 1971, p. 109). Dal suo ritorno a Firenze nel 1589 partecipa a svariate imprese e diventa uno degli artisti più richiesti dalle numerose compagnie religiose, in particolare dai vallombrosani. Verso la fine degli anni '90 la sua celebrità cresce a dismisura e le sue opere divennero molto richieste persino a Roma, continuando però una assidua attività anche per Firenze e per il contado toscano. I santi delle due tavole di san Fedele sono rappresentati entro due nicchie dipinte che, creando uno sfondo cupo, fanno risaltare i bei colori delle vesti drappeggiate; entrambi presentano i caratteristici attributi: la ruota e la palma per Santa Caterina e il vangelo e l'aquila per San Giovanni Evangelista.
"Santa Caterina delle Ruote e San Giovanni Evangelista"
Le due tavole, che si trovano nel coro ai lati dell'organo di Badia San Fedele a Poppi, sono opera di Domenico Cresti da Passignano (Tavarnelle Val di Pesa 1559 - Firenze 1638) che, ci dice il Beni, "molto lavorò per i vallombrosani". Esponente del tardo manierismo fu allievo del Naldini e del Macchietti, coi quali apprese la tecnica disegnativa tipicamente toscana. Dal 1575 lavorò con lo Zuccari nell'impresa fiorentina di Santa Maria del Fiore, seguendolo poi anche a Roma e Venezia, dove si arricchisce, nel continuo tentativo di "adattare il colore veneto al disegno della maniera toscana" (F. Zeri, "Pittura e Controriforma", Torino 1971, p. 109). Dal suo ritorno a Firenze nel 1589 partecipa a svariate imprese e diventa uno degli artisti più richiesti dalle numerose compagnie religiose, in particolare dai vallombrosani. Verso la fine degli anni '90 la sua celebrità cresce a dismisura e le sue opere divennero molto richieste persino a Roma, continuando però una assidua attività anche per Firenze e per il contado toscano. I santi delle due tavole di san Fedele sono rappresentati entro due nicchie dipinte che, creando uno sfondo cupo, fanno risaltare i bei colori delle vesti drappeggiate; entrambi presentano i caratteristici attributi: la ruota e la palma per Santa Caterina e il vangelo e l'aquila per San Giovanni Evangelista.